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UN GRANDE ESEMPIO DI CONTROLLO

su “Un amour de transfert. Journal de mon contrôle avec Lacan (1974-1981)”, di Elisabeth Geblesco, Ed. Epel, 2008

di Carla Antonucci 

Come un topo da biblioteca, quando devo scrivere un articolo comincio a cercare tra i testi. Cerco di reperire i riferimenti che mi porteranno a farmi un’opinione chiara dell’argomento che intendo trattare. La ricerca dura a lungo, continuo a leggere testi su testi finché non riesco a trovare qualcosa che mi risuona e che posso accordare alla mia esperienza. Il più delle volte si tratta di un collage di riferimenti, come una mappa che mi conduce al tesoro, alla stesura del testo. Questa volta le cose sono andate diversamente. Mi sono imbattuta in un testo che da solo è risultato essere per me un tesoro prezioso, un testo avvincente, disarmante nella sua semplicità e freschezza, che mi ha tenuta lì con il fiato sospeso fino all’ultimo. Non riuscivo a staccarmene, mi ha trasportata direttamente nel passato facendomi rivivere momenti importanti della psicanalisi.

Il testo di cui sto parlando s’intitola “Un amour de transfert”, l’autrice è Elisabeth Geblesco, una delle ultime analiste a incontrare con regolarità Lacan, dal 1974 fino alla sua morte nel 1981. Si tratta di un diario, redatto a caldo, dopo ogni suo incontro con Lacan.  Una testimonianza unica dell’esperienza di controllo, una vera e propria miniera di informazioni sulla vita e la dissoluzione burrascosa della Scuola freudiana di Parigi, nonché, per chi non l’ha mai incontrato di persona, un’occasione di conoscere attraverso gli occhi della Geblesco il dott. Lacan. Per lo meno a me è sembrato di essere lì, presente a ogni loro incontro. La prima cosa che mi colpisce del testo è che c’è qualcosa di estremamente evidente… circola molto l’amore, in diverse forme. Indubbiamente il transfert nei confronti di Lacan è forte ma qua e là è evidente che c’è qualcosa dell’ordine dell’amore che muove anche Lacan in questi incontri. Mi sembra che, a più riprese, questo testo  confermi quello che Lacan diceva a proposito del transfert “l’amore […]è sempre reciproco”, ed è Miller a commentare questa frase in una sua intervista: “Si ripete questa frase senza comprenderla o fraintendendola. Non significa che basta amare qualcuno perché egli vi ami. Sarebbe assurdo. Vuol dire: «Se ti amo è perché sei amabile. Sono io che amo ma anche tu sei implicato, perché in te c’è qualcosa che fa sì che io ti ami. È reciproco perché c’è un andirivieni: l’amore che nutro per te è l’effetto che deriva dalla causa d’amore che tu sei per me. Quindi, c’entri per qualcosa. Il mio amore per te non è solo affar mio, ma anche affar tuo. Il mio amore dice qualcosa di te che forse tu stesso non conosci. »” Sembra dunque che tra controllato e controllore valga lo stesso, lo si scorge anche da una frase che Lacan dirà in risposta a quello che la Geblesco prova a dirgli in merito al transfert nei suoi confronti e di come questo sia diverso rispetto a quello vissuto nei confronti dei controllori precedenti: “…Quello che lei dice di me, mi è impossibile pensarlo, di provarlo da solo; non può che pervenirmi dal discorso dell’Altro.”

Una questione molto importante tocca la Geblesco nel momento in cui si rende conto che qualcosa da Lacan a lei viene trasmesso: “Come questo avviene? Dal suo essere al mio, che si modifica.” Per la psicanalista c’è qualcosa che si produce tra il controllore e il controllato, “un incontro […] a un livello molto profondo” e rispetto al transfert avverte un cambiamento riprendendo Il Simposio, “un rifiuto sul piano dell’Afrodite pandemica,[…] e accettazione sul piano dell’Afrodite Celeste. La risoluzione del transfert avviene in una relazione di uguaglianza.”  Qualcosa è passato dall’uno all’altra. Ella si interroga in questo momento sull’Essere, su quello che si trasmette dall’uno all’altra e che produce l’essere analista, e Lacan approva questa sua ricerca. Si tratta del momento in cui la Geblesco “si può riconoscere analista come Lacan, non uguale a Lacan ma nella serie.”

Nel testo si vede come il controllo e le sue conseguenze si sviluppano anche fuori dallo studio di Lacan per entrambi. Lei continuerà a riflettere sulle questioni che si sono aperte nel controllo anche fuori, e per Lacan quelle questioni entreranno nei suoi Seminari. Lui la tiene in grande considerazione e glielo dirà in più modi fino ad arrivare a dirle (“a denti stretti”, dirà la Geblesco) “Tutto ciò che lei dice mi interessa estremamente”. Il testo mostra bene come nel controllo vi sia un legame, un annodamento stabile con l’analisi personale e la formazione teorica, ossia con gli altri componenti del tripode della formazione dell’analista, un tripode che opera “sotto transfert”. Sono molti i punti nel testo della Geblesco in cui questo viene evidenziato, in fondo il controllo nell’ Atto di fondazione della Scuola viene menzionato nella Sezione della psicoanalisi pura, dunque sembra che il controllo sia una pratica riservata e destinata a coloro che diverranno psicanalisti. Dall’altra il desiderio di avere una pratica analitica conduce naturalmente al controllo. Il controllo è lo strumento attraverso il quale si cerca di mettere in atto il desiderio dell’analista, un vero e proprio lavoro. Infatti nel controllo bisogna fare un resoconto dettagliato centrato sul paziente ma anche e soprattutto sull’interazione con il paziente, parlare di quello che dice e che non dice, quello che l’analista ha detto o non ha detto in talune situazioni e le reazioni del paziente a quello che si dice o non si dice, le reazioni dell’analista a quello che il paziente gli dice o fa. In fondo siamo fatti per dimenticare i dettagli che non quadrano che poi, spesso, sono anche quelli in cui l’inconscio si manifesta. Si vede bene come Lacan mette in moto questo lavoro di resoconto dettagliato nella Geblesco, questo manifestarsi del desiderio dell’analista. In ogni sessione comincia con la domanda: “Cos’ha da dirmi?” oppure “L’ascolto, allora?”  e si vede come da lì la Geblesco cominci a ricordare. Si tratta nel complesso di quel fenomeno che Lacan nel Discorso all’École freudienne de Paris chiama la “correzione del desiderio dell’analista”.

Nel controllo si impara dunque a maneggiare il transfert e a reperirne le coordinate, in effetti si chiede un controllo quando ci sono dei problemi con il transfert, quando ci si sente angosciati, quando il desiderio dell’analista è messo in scacco, per cui è fondamentale trovare un controllore che sia capace di portare il controllato a mettere a fuoco i suoi errori, che lo porti a reperire il motivo per cui ci si è persi ed esaminare i dettagli del fallimento, senza cercare delle soluzioni che contrastino l’angoscia o di coprirla attraverso dei punti teorici.

Lo si può trovare in vari passaggi del testo. Tra i tanti ho scelto una seduta in cui la Geblesco porta a Lacan un caso a rischio di suicidio: “«(G)Per il momento quello che lei vede nello specchio, è la morte. Allora io ho paura che si suicidi…Mi dirà allora che probabilmente ho commesso un errore…Ma non credo […] lei che ha così tanta esperienza, che ne pensa?» Lacan tace. «Potrei dire a questa ragazza di telefonarmi durante le vacanze se dovesse essere in grave difficoltà?

– (L) Si, può farlo» me lo dice con foga. Poi Lacan sembra riprendersi e si corregge: «Inoltre può dirle se vuole…

– (G)Ho paura che si suicidi… […]

– (L)Non lo farà» dice Lacan con forza. Si alza e mi domanda: «Quando la rivedo?»” Sempre in merito al transfert:” Si tratta di un transfert che era molto angosciante. Tuttavia senza il transfert non si può operare… «Nel mestiere di analista, che lei dice essere sordido con molte giuste ragioni, il transfert è uno degli aspetti più penosi poiché è ripugnante e orribile…Vorrei sapere se sono la sola o se anche gli altri analisti, lei, con la sua esperienza… […] Lacan apre gli occhi, mi guarda in modo molto serio e ripete: «Si, è ripugnante e orribile.»”

Due lati della stessa medaglia, il transfert nei confronti del controllore, così amabile, come dice la Geblesco, “l’essere che più ammiro tra tutti gli esseri viventi”, e il transfert che mette in scacco il controllato cosi orribile e ripugnante portatore di angoscia.

Probabilmente ci sarebbero tante altre cose ancora da mettere a fuoco sul controllo, e i cui esempi, sono quasi certa, potrebbero reperirsi in questo prezioso testo. Certo del controllo se ne parla in molti testi importanti di Lacan e Miller, ma penso che questo testo è il luogo in cui l’intera teoria sul controllo, oso dire, si può reperire nella pratica. Mostra e conferma che il modo migliore di trasmettere il lavoro della psicanalisi, in questo caso il controllo, perché poi il controllo è un vero e proprio lavoro,  si attua attraverso la trasmissione della propria esperienza. In fondo come dice Miller, “in che modo trasferire il lavoro dall’uno all’altro o, come dice Lacan, da un soggetto all’altro? Bisogna innanzitutto che il primo lavori, cioè che ne dia l’esempio del lavoro. È il principio della morale antica, vale a dire l’exemplum, l’esempio.”

Questo diario di un controllo che la Geblesco ci ha donato è dunque un grande esempio di controllo, una bellissima storia d’amore per la psicanalisi.

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